— 9 Aprile 2025Commenti disabilitati su Nascita delle guerre commerciali1
La faccenda dei dazi istaurata da Trump è stata illustrata dagli scadenti politicanti europei sempre con l’abituale concetto di “guerra commerciale”.
“Le guerre commerciali non convengono a nessuno” hanno ripetuto fino alla nausea per commentare la condotta del presidente Usa, prevedendo nella frase eventuali possibili ritorsioni dello stesso tipo da parte delle nazioni “daziate”.
Probabilmente però non risulta del tutto chiaro il concetto di guerra commerciale, perché la massa popolare pensa che questo genere di conflitti siano connessi all’eventuale istaurazione di dazi fra i vari stati del mondo impegnati a reagire alle determinazioni trumpiane. E i “politicazzi” europei, nei loro sproloqui, giocano proprio su questo diffuso fraintendimento per operare secondo quanto già pianificato dai pupari che stanno dietro il sistema di potere.
In realtà le guerre commerciali sono in “vigore” da qualche decina d’anni in seguito alla nascita del libero mercato globale; gli scambi economici in regime di libera concorrenza in campo internazionale (quelli delle “sfide” e delle “scommesse” tanto esaltate dai politicazzi di cui sopra), accolti come una panacea contro monopòli, protezionismo e vincoli legali nei mercati, hanno generato tuttavia un disequilibrio nelle singole economie dei maggiori paesi del pianeta, in molti dei quali si sono ridotti enormemente i mercati interni e la tanto “auspicata” crescita si è dunque legata soprattutto alle esportazioni.
Di fatto quindi ogni paese produttore straripa dal proprio territorio per “invadere” il resto del mondo con le proprie merci, senza esclusione di colpi occulti e di magagne politico-legali per affossare, in ogni modo possibile e spesso anche fraudolento, la concorrenza delle aziende interne dei paesi “assaltati”, costrette spesso a chiudere o a essere fagocitate dalla barbarie commerciale caratteristica di certa esportazione senza controlli o freni.
Di conseguenza, ogni paese al mondo, pur essendo produttore di materie prime o specifici manufatti, si ritrova a dover competere sul proprio territorio e sugli stessi campi di competenza con la concorrenza libera e spesso anche spietata delle multinazionali estere, spesso perfino IMPOSTA con la firma di trattati e accordi “sotterranei”.
Non vi sembrano queste vere e proprie GUERRE COMMERCIALI? E non vi sembra che ci abbiamo a che fare dall’inizio di questo scriteriato terzo millennio?
Tutto ciò prende il nome di GLOBALIZZAZIONE, che vista superficialmente potrebbe perfino sembrare “cosa bella”, ma al suo interno nasconde un’oscura realtà bellicistica applicata alle strategie commerciali che nulla ha di pacifico ed equo, alterando in pratica lo stesso significato di “crescita economica” che viene interpretata come “supremazia sulle altre nazioni” in continua e sfrenata competizione (quella spesso tanto auspicata anche dal nostro stesso Presidente Mattarella).
Non sono più i tempi delle “Repubbliche Marinare” che ebbero tanta fortuna e prosperità economica portando merci in Europa altrimenti introvabili o idee artistiche e notizie da paesi lontani, oggi molte nazioni hanno le capacità di produrre da sole gran parte di tutto ciò che a loro necessita sviluppando quindi, e non svilendo, le aziende che operano dentro il proprio territorio. Pertanto le importazioni dovrebbero ridursi solo al “necessario”, e tutto quello che rientra nel lusso e nel superfluo dovrebbe subire un minimo (non certamente il 20% del loro valore) di tassazione in ingresso. D’altra parte prima della globalizzazione era proprio così.
Non sembra dunque così corretto descrivere Trump come il “pazzo del dazio”, tra l’altro proprio gli Usa, uno dei maggiori produttori al mondo, dalla globalizzazione ha ricevuto un grave danno alla propria economia. Forse è solo una provocazione per porre in discussione il “problema”, forse ha scelto il momento sbagliato per farlo, forse tornare indietro tanto repentinamente non è proponibile, pensatela come volete, ma mettere un freno alla follia della globalizzazione e della crescita economica sulle spalle degli altri non è del tutto un’assurdità.
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