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La tecnologia rischia di diventare il “terminator” della nostra intera civiltà contemporanea. L’umanità si sta rincretinendo dietro le piattaforme informatiche che esaltano il protagonismo, illudendo gli utenti di avere un ruolo importante nella vita sociale e di saperne controllare alla perfezione l’andamento.

Ma la tecologia si è rivelata invasiva fino all’estremo, ipnotica, perversa, spesso perfino inutile, ma sempre finalizzata a implementare la ricchezza di chi la manipola o la gestisce a proprio uso e consumo.

E noi come affrontiamo questo assalto alla percezione del corretto svolgimento della nostra vita sociale? Purtroppo facendoci schiavizzare nel peggiore dei modi.

Inizialmente i primi a cadere nella trappola sono stati i giovani, ma ora vedo con tristezza che anche gli adulti, o almeno quelli che sanno utilizzare anche in minima parte la tecnologia, sono diventati in gran parte le marionette del sistema digitale. Stanno col cellulare sempre in mano, mentre guidano l’auto, quando giocano a carte con gli amici, nei rari momenti in cui potrebbero scambiare due parole con i loro partner, mentre sono al ristorante, sia consultando il menù rilevato tramite il QR code stampato sul segnatavolo, sia chattando con altri amici (non certo quelli che stanno con loro a mangiare) mentre, con l’altra mano, utilizzano la forchetta per abbuffarsi di amatriciana.

È il trionfo della sottomissione psichica al tecnicismo più stupido e banale che mente umana abbia mai prodotto. C’è chi pensa di diventare una stella dello spettacolo postando video grotteschi su “TikTok“, chi propone giornalmente le proprie opere artistiche su “Facebook” o “Instagram” nell’infondata convinzione che stormi di utenti le possano comprare; chi accende i condizionatori di casa o alza le tapparelle da remoto, magari mentre sta in coda a chilometri di distanza nel centro storico con la propria auto; c’è chi chatta con persone inesistenti, con l’intelligenza artificiale, con parenti che non ha mai frequentato; chi controlla cosa fanno i propri figli in qualunque momento della giornata anche se hanno ormai quarant’anni, chi si fa fottere i soldi dal conto perché crede che i truffatori informatici non esistono e si fida di tutte quelle minchiate che gli arrivano tramite email o le pubblicità-trappola che Google inserisce a piene mani nei siti internet, senza fare alcun controllo preventivo, remunerando poi con quattro spiccioli i relativi proprietari, ignari che dentro i loro domini si sono insinuati così migliaia di truffatori on line.

L’ultima “inutile stronzata” (e fatemelo dire!) tecnologica, in ordine di tempo, è stata quella di inserire l’AI (l’intelligenza artificiale) all’interno dell’app di WhatsApp. Tutti, dico tutti, hanno capito subito, anche i patiti della tecnologia, che l’AI dentro una chat non serve praticamente a niente. Ma d’altra parte GLI SCHIAVI DEVONO SOLO SUBIRE, e noi che siamo stati schiavizzati dalla tecnologia dobbiamo subire passivamente tutte le magagne di chi detiene il potere informatico.

In moltissimi hanno così chiesto su internet come si fa per rimuoverla ma, senza saperlo, hanno attivato l’ennesimo business informatico. Sono stati infatti tantissimi i siti di consulenza digitale (quello di Salvatore Aranzulla in primis, peraltro molto competente in materia) a tentare di suggerire una soluzione, generando tantissimi ingressi nei relativi blog e, di conseguenza, i soliti connessi profitti economici. Ma in realtà l’AI DI WHATSAPP NON SI PUÒ LEVARE IN ALCUN MODO, e serve solo a far acquisire dati ed esperienze all’AI di Meta (la società di Mark Zuckerberg) tramite l’involontaria complicità degli inconsapevoli utenti che si ostineranno a usarla. Ma non lo dico solo io, se non mi credete, come in passato hanno fatto molte persone, credete almeno a Marco Camisani Calzolari di “Striscia la Notizia” che ha denunciato quest’ennesima assurdità digitale in un servizio televisivo che segnaliamo in fondo a questo articolo.

Ricordo che Marco Camisani Calzolari lavora nel mondo digitale da 35 anni, è docente universitario, consulente, autore e divulgatore scientifico. Negli anni ha raggiunto il grande pubblico, aiutando gli italiani a essere più consapevoli delle dinamiche, delle opportunità e dei rischi che il mondo digitale presenta. Ricopre numerosi ruoli istituzionali, tra cui l’incarico di esperto per il Dipartimento della Trasformazione digitale, fa parte del Comitato della Presidenza del Consiglio per la definizione delle strategie per l’Intelligenza Artificiale del Paese ed è testimonial della Polizia Postale. Io sono nessuno, ma cercate di credere almeno a lui, che è molto più qualificato.

 

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MARCO CAMISANI CALZOLARI

 

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