L’ostentazione mediatica della morte

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I tg e le pagine e i diari dei social network sono piene di drammatiche foto di bambini morti in circostanze terribili come guerre, migrazioni, incidenti stradali, violenze casalinghe ecc. sulle quali i mezzi di comunicazione speculano indegnamente per ottenere maggiore visibilità.
 
C’è anche qualcuno che aggiunge a quest’orrore frasi del tipo: “dovete guardare, anche voi che vi girate dall’altra parte siete responsabili di queste atrocità“, quasi a voler mettere sullo stesso piano l’anziana donna che guarda sgomenta uno dei tanti tg nazionali pieni di questa roba, con le spietate bestie che bombardano i civili, che li intossicano con i gas venefici, che uccidono senza alcuna remora migliaia di persone inermi solo per conquistare uno squallido potere su un pezzo di territorio, o per favorire gli interessi economici di altri mostri disumani che tramano sottoterra, proprio come i vermi, per vendere armi, per sottomettere intere popolazioni, o magari solo per impadronirsi di uno sbocco al mare utile per i propri traffici, leciti o illeciti che siano.
 
Insomma la povera vecchietta (ma è solo un esempio, perché in realtà sono milioni gli spettatori dinanzi a questo sterminio) che resta intontita dinanzi la tv e che piange sentendo su di sé pure la responsabilità di non poter far nulla al riguardo, viene paragonata ai dannati bastardi che hanno causato il massacro e che continuano a seminare morte perché non sono ancora riusciti a perseguire i loro folli obiettivi, proprio come è accaduto nel recente passato in Siria (ma è solo un esempio).
La vecchietta viene costretta dunque a guardare la morte in diretta, a riempirsi gli occhi di immagini drammatiche, di bambini straziati da quest’abominio, di genitori disperati, di intere città ridotte in macerie. E se disgustata e con l’animo martoriato dovesse decidere a un certo punto di cambiare canale o voltarsi dall’altro lato, ecco intervenire il predicatore di turno che la etichetta come corresponsabile della guerra, come ulteriore mandante dello sterminio.
 
Non è neanche chiara la reale situazione sui campi di battaglia, o sulle cause di certi tragici eventi, nonostante le decine di quotidiani servizi giornalistici, spesso contraddittori e insignificanti, nonostante le dichiarazioni dei capi di stato impelagati nelle questioni strategiche (chiamiamole così), nonostante i patetici tentativi di certi politici di motivare o spiegare ciò che non è spiegabile, né motivabile.
 
La realtà è che il caos non può essere né interpretato né chiarito, può solo essere eliminato, con la stessa pervicacia con la quale è stato creato, ma a farlo non possono certo essere gli attoniti spettatori, piuttosto gli attori che hanno messo in scena il teatro della guerra, gli “operatori” che si occupano della diffusione nel mondo delle varie tragedie e coloro che speculano biecamente sulle follie della nostra perversa umanità, condividendone i drammatici effetti scenografici solo per qualche like in più o per qualche decimo in più negli indici dell’Auditel. Così si diffonde quell’orrore, che TUTTI comunque conoscono già più che bene.
 
L’unica cosa che possono fare gli spettatori è quella di non applaudire ruffianamente gli attori e i registi di queste tragedie disgraziate e spesso inconcepibili, anzi di contestarli con forza direttamente nei loro “camerini” dove si nascondono prima di apparire in pubblico; a poco serve distribuire al vento le foto delle messinscene. E tutti noi sappiamo che gli attori e i registi delle sorti della storia umana sono i politici, i presidenti delle nazioni, i governanti del mondo e, dietro le quinte, i demoni infami che tramano in silenzio per mantenere il loro sporco potere economico o mediatico che sia.
 
La morte non deve essere oggetto di attenzione morbosa, né occasione di speculazione sociale. La morte è orrore e basta, specialmente quando riguarda i bambini, e dell’orrore e sufficiente conoscerne l’esistenza solo per comprendere in che razza di mondo viviamo … gli “approfondimenti” non sono necessari, sono soltanto orrore aggiuntivo utile a chi si nutre del dolore degli altri, non chiamatelo “diritto di informazione“.
Sergio Figuccia

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