The business age

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Tutto ciò che avviene nel mondo, dalle catastrofi alle guerre, dalle pandemie ai cambiamenti climatici viene trasformato dal maledetto sistema di potere globale in colossali business per le multinazionali e i liberi mercanti dall’intrallazzo facile.

Già l’era geologica che stiamo vivendo è stata chiamata antropocene a causa delle mastodontiche attività umane che stanno incidendo seriamente sui processi evolutivi del pianeta Terra, ma sarebbe più opportuno denominarla “business age” proprio per l’infame sfruttamento che viene fatto da coloro che stanno “dietro le quinte” del sistema commerciale mondiale nel momento in cui qualche evento storicamente importante coinvolge l’umanità.

Fate caso, per fare qualche esempio, al business delle multinazionali del farmaco quando scoppia una qualunque pandemia, a quello dei costruttori di armi nelle situazioni di guerra, all’enorme giro di affari sporchi quando le borse mondiali subiscono improvvisi tracolli dovuti magari a specifiche “voci di corridoio” che terrorizzano i piccoli investitori, agli interessi economici (fonti green e auto-elettriche) che stanno dietro la strumentalizzazione dei cambiamenti climatici (dovuti essenzialmente alle cicliche inevitabili tempeste solari), agli affari che fioriscono dietro le “ricostruzioni” (spesso finanziate ma poi effettuate disastrosamente, se non abbandonate in corso d’opera)  in seguito a terremoti o catastrofi naturali; e parlando di ricostruzioni, vengono subito in mente quelle già preorganizzate per i dopoguerra in Ucraina e in Palestina.

Sorge ovviamente il serio dubbio che certe situazioni (fatta ovviamente eccezione per i cataclismi ambientali) siano generate ad hoc proprio per dare il via ai relativi business.

D’altra parte la business age è anche l’era delle sfide, una schifosissima epoca nella quale TUTTI SFIDANO TUTTI, e tutto viene visto nell’ottica della competizione, anche la più banale necessità di cambiamento per migliorare le cose invoglia certi stupidi politici a parlare di “sfida per il futuro” … ma chi stiamo sfidando quando tentiamo di operare per il bene della comunità? In realtà la sfida c’è anche se sta nascosta dietro le parole, è la gara a fare maggiori profitti di tutti gli altri impegnati sulle stesse attività (gli ormai celebri competitor), non ha alcuna importanza che il campo di battaglia sia seminato di morti, le vittime fanno parte del pacchetto perché morte e distruzione sono i veri pretesti per fare business.

Ma che bella umanità!!!

 

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