Quando l’arte viene distorta

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Tredici anni fa, in tempi non “sospetti”, è stata esposta all’ex-Convento della Magione di Palermo la mia personale multimediale “M.M.M. – mute mutazioni di massa” (video, cortometraggi, arte figurativa, istallazioni).

L’opera concettualmente più significativa si intitolava “Virus”, si tratta del quadro riportato in questo post che rappresenta anche simbolicamente il mio diario personale sul social network “Facebook” per il motivo che spiegherò in seguito.

A chiusura della mostra decisi di donare l’opera a un mio carissimo amico che aveva contribuito sensibilmente alla buona riuscita della manifestazione.

Dopo qualche tempo però il mio amico mi comunicò che il quadro era stato offerto in comodato d’uso ad altro comune amico che si era mostrato entusiasta dell’opera.

Non ho ovviamente manifestato alcuna contrarietà al cambio di destinazione del mio lavoro, ma un’idea ben precisa su cosa potesse aver generato in realtà questo strano avvicendamento mi iniziò a frullare nel cervello: “vuoi vedere che il significato del quadro è stato “frainteso” dalla famiglia del mio amico e magari, considerando il ricco repertorio di superstizioni cui purtroppo sono soggette molte persone specialmente al sud, l’opera è stata perfino interpretata come possibile profezia di qualche misterioso maleficio?” Insomma a quel mio dono probabilmente era stata attribuita la proprietà soprannaturale di poter interferire con la realtà quotidiana, un po’ come accadeva nel romanzo di Oscar Wilde “Il ritratto di Dorian Gray” al quadro donato dal pittore Basil Hallward a quel suo strano amico, stregato dalla possibilità di rendere eterna la sua giovinezza.

Fui quindi sollevato dal fatto che quel mio lavoro potesse aver trovato una collocazione migliore presso l’abitazione di un’altra persona ben più appagata nel possederla.

In questi tredici successivi anni però, forse era questo il vero presagio, ho avuto più volte la tentazione di chiedere la restituzione del mio quadro; “meglio incartato nel mio deposito – pensavo – che cestinato da chi non ne ha compreso il significato”.

L’avvento della pandemia da covid19 di quest’anno ha concretato quel mio dubbio; anche il secondo proprietario del quadro infatti è stato assalito dal cieco terrore che quel disegno possa aver funzionato da catalizzatore per la diffusione planetaria di un virus (ma guarda che “potenza soprannaturale” ho avuto fra le mani tredici anni fa e come un idiota non ne ho approfittato buttandola via banalmente).

Ebbene, il mio amico correttamente mi ha chiesto di prendere indietro il quadro (invece di gettarlo nella spazzatura) e io, sinceramente contento di rientrarne in possesso, ho accettato con gioia.

Soprassiedo sulla pochezza intellettuale che nel terzo millennio spinge certa gente a credere ancora nell’arte divinatoria e nelle grottesche condotte scaramantiche, ma vorrei spiegare ora il vero significato di questo quadro, sia per giustificare il perché della mia vecchia abitudine di accompagnare i miei lavori con brevissimi accenni ai concetti motivazionali che mi hanno spinto a realizzarli (cosa che non faccio più proprio in seguito a suggerimento di quel mio stesso amico), sia per chiarire che il “virus” del quadro è solo una metafora sugli comportamenti sociali improntati, in quest’era di immensa falsità, all’egoismo più estremo e alla voglia di chiudersi in se stessi rifiutando quella reale condivisione di vita col nostro prossimo tanto auspicata da Papa Francesco.

Il quadro infatti rappresenta palle di ferro chiodate che corredavano nel Medioevo armi chiamate “mazzafrusti” realizzate per tenere a distanza i nemici; quelle sfere di ferro corazzate hanno la stessa funzione degli aculei dei porcospini che però sembrerebbero essere in preda a un terribile dilemma (appunto “il dilemma del porcospino”): tanto più due esseri si avvicinano tra loro, tanto aumentano le possibilità che si possano ferire l’uno con l’altro. Quindi la somiglianza di queste sfere armate alla forma dei virus in genere sta a indicare come fra gli esseri umani la diffusione della falsità nei rapporti sociali, tanto simile al contagio virale, conduca troppo spesso a ferimenti reciproci di difficile rimarginazione.

Il mio atteggiamento nei confronti di tanto mio prossimo è proprio questo, ecco perché ho scelto quest’immagine per rappresentarmi pienamente; come è facile comprendere dunque (anche se dopo questa spiegazione) il coronavirus col mio quadro c’entra solo marginalmente e soltanto per una coincidenza peraltro temporalmente alquanto posposta (ben 13 anni), anche perché di virus negli ultimi anni ne abbiamo visti proprio tanti: quello della spagnola, dell’hiv, dell’aviaria, dell’influenza suina, della sars, dell’ebola … perché accanirsi sull’idea che un’opera figurativa possa essere portatrice di sventura solo per lo specifico covid19? Ma sì, concedetegli anche il potere arcano di pilotare tutti i virus che ha conosciuto e conoscerà il mondo intero, soprattutto quello (forse il più pericoloso di tutti) di non saper più ragionare con la propria testa.

Unica cosa “positiva” in tutto questo non è il tampone, ma la sorpresa di vedere tornare a casa il quadro che mi rappresenta e mi rappresenterà per sempre, anche e soprattutto alla luce degli ultimi eventi.

Sergio Figuccia

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